mercoledì 16 marzo 2011

L'Amante del Condor (2° Parte)


L'Amante del Condor
di Josè Maria Arguedas

(2° Parte)


La condusse in cima alle rocce più alte e la avvertì:”Non aprire gli occhi, chiudili e tienili stretti, perché se li apri dovrò lasciarti”.

Così, stringendo gli occhi, la ragazza si incollò alle spalle del suo amante. Allora il Condor spiccò il volo. Lei non vedeva niente, sentiva soltanto il vento galoppare sopra ali gigantesche. Non sentiva nulla che potesse farle pensare che si muoveva. Erano già saliti molto in alto: adesso percepiva un soave dondolio come se il suo amante fluttuasse nel sogno.

Volavano e volavano per cieli immensi. Al calare della sera arrivarono in cima a uno spaventoso abisso di roccia. Quello era il rifugio del Condor. Quando l’amante fece calare a terra la sua donna, lei aprì gli occhi e si trovò in una grotta solitaria: guardò verso l’alto e vide che la cima era lontana, sopra un precipizio di granito, guardò il fondo del burrone e vide che era un abisso scuro, una spaccatura nera e silenziosa, carica di orrore.

Trovandosi lì, sola, sulla soglia della grotta, piangendo disse:”Cosa ho fatto? Cosa sono venuta a fare?”.

Tutta la grotta era disseminata di pezzi di carne e di ossa scarnite. Lì dormirono.

Il mattino seguente dopo il Condor le disse:”Aspettami seduta qui”.

Spiccò il volo e se ne andò. Abbandonata, nel grande silenzio della grotta, lei pianse sconsolatamente. Non aveva né di che cucinare né di che mangiare e dovette rimanere lì seduta ad aspettare.

“Che sarò di me? Se lo avessi saputo non sarei mai venuta!”, diceva. Molto tardi, all’imbrunire del giorno, arrivò il Condor portando la carne che lei dovette cucinare.

Vicino alla grotta c’era una piccola sorgente d’acqua da cui scendeva un getto limpido che formava nella roccia una chiara fontana. Da lì prendeva l’acqua l’amante del Condor. E così tutti i giorni passavano uguali. Il Condor era solito andare via e molte volte ritornava tre o quattro giorni dopo, portando con sé carne putrefatta di animali morti ormai da giorni.

La giovane passava il suo tempo piangendo, finché un giorno partorì. Lavava i panni del bambino nella piccola fontana, ai piedi del getto cristallino. Cucinava la carne che portava il Condor e alcuni giorni non aveva nemmeno i resti degli animali che consumava il suo amante. Nel frattempo anche i genitori della ragazza piangevano lacrime di dolore:”Che sarà successo a nostra figlia? Dove, dove sarà andata?”, dicevano.

Nessuno sapeva che quel viandante, il Condor, l’aveva rapita.

“La terra se l’è inghiottita o forse qualcuno se l’è portata via”, si lamentavano i genitori piangendo.


Continua...


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