sabato 12 marzo 2011

L'Amante del Condor (6° Parte)


L'Amante del Condor
di Josè Maria Arguedas

(6° Parte)


Il Colibrì arrivò alla casa della ragazza e chiamò la madre: “Sono il Colibrì, il Colibrì che vola” cantò. “Che posso dire, che dirò? Ho bruciato con peperoncino gli occhi di tuo genero! Adesso fa bollire l’acqua della quale ti ho parlato. Adesso arriva tuo genero, adesso arriva! E’ ora di ucciderlo. Adesso lo ucciderai. Che l’acqua non esca dai bordi della tinozza e sia ben coperta con molti panni. Quando arriverà, tuo genero ti domanderà: ‘tua figlia deve essere qui, so che è ritornata!’. Tu gli risponderai: ‘ non ho visto mia figlia, signore mio’. Ma continuerà a domandarti: ‘dov’è tua figlia, dov’è, devi restituirmela’. Allora gli dirai:’entra signore, riposa un po’, siediti sotto l’ombra del mio tetto’, e lo inviterai ad entrare, lo guiderai e quando starà per sedersi sulla sedia, tu lo porterai fino alla tinozza e lascerai che si sieda su di essa perché così farà. Quando cadrà nella tinozza lo affogherai con un grosso bastone gli getterai ancora acqua bollente addosso. Così annegherai il marito di tua figlia e lo spennerai come una gallina. Ricorda che nell’entrare il Condor non deve assolutamente vedere tua figlia. Arriva, arriva! Metti l’acqua a bollire”. Così disse il Colibrì e volò via.

La donna obbedì al grazioso uccellino. Riempì una tinozza con acqua bollente e poi coprì il recipiente con una coperta. L a tinozza sembrava una comoda poltrona. In quel momento il Condor entrò in casa. Aveva gli occhi irritati, rossi e brucianti, ma restò altezzoso, potente ed elegante.

“Permettimi di entrare, che ti faccia visita”, disse: “è arrivata tua figlia? Tu sai che è tornata?”, domandò.

“No mio signore, nessuna figlia mia è tornata in questa casa”, rispose lei.

“No!”, insistette il Condor “è qui, so che è arrivata!” urlò.

La donna acconsentì amabilmente e gli disse:

“Si, mio signore, è vero, adesso te la restituisco. Ma vieni avanti, riposa e siediti un istante”. Il Condor entrò in casa. La donna lo condusse fino alla tinozza e gli disse: “Siediti in questa umile poltrona, su questa coperta”.

Il Condor si sedette e il suo corpo sprofondò rumorosamente nell’acqua. Allora la donna lo spinse ancora più in giù con un bastone, lo cacciò nel fondo della tinozza e gli versò addosso altri otri di acqua bollente. Il Condor era giù come una gallina spelacchiata: il suo corpo, pelato e biancastro, con le zampe, le ali, il collo e la pancia spoglie, sembrava un gallo pronto per il brodo. Il suo aspetto di gran signore era stato solo apparenza. Nonostante ciò era stato un vero Condor.

I genitori, la figlia e il nipotino potevano adesso vivere insieme tranquillamente. Le loro angosce e le loro pene si trasformarono in allegria e in vera felicità. E ancora oggi regna quell’allegria in un paese molto lontano, sopra le cui case vola sempre il grazioso Colibrì.


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