L'Amante del Condor
di Josè Maria Arguedas
(6° Parte)
La donna obbedì al grazioso uccellino. Riempì una tinozza con acqua bollente e poi coprì il recipiente con una coperta. L a tinozza sembrava una comoda poltrona. In quel momento il Condor entrò in casa. Aveva gli occhi irritati, rossi e brucianti, ma restò altezzoso, potente ed elegante.
“Permettimi di entrare, che ti faccia visita”, disse: “è arrivata tua figlia? Tu sai che è tornata?”, domandò.
“No mio signore, nessuna figlia mia è tornata in questa casa”, rispose lei.
“No!”, insistette il Condor “è qui, so che è arrivata!” urlò.
La donna acconsentì amabilmente e gli disse:
“Si, mio signore, è vero, adesso te la restituisco. Ma vieni avanti, riposa e siediti un istante”. Il Condor entrò in casa. La donna lo condusse fino alla tinozza e gli disse: “Siediti in questa umile poltrona, su questa coperta”.
Il Condor si sedette e il suo corpo sprofondò rumorosamente nell’acqua. Allora la donna lo spinse ancora più in giù con un bastone, lo cacciò nel fondo della tinozza e gli versò addosso altri otri di acqua bollente. Il Condor era giù come una gallina spelacchiata: il suo corpo, pelato e biancastro, con le zampe, le ali, il collo e la pancia spoglie, sembrava un gallo pronto per il brodo. Il suo aspetto di gran signore era stato solo apparenza. Nonostante ciò era stato un vero Condor.
I genitori, la figlia e il nipotino potevano adesso vivere insieme tranquillamente. Le loro angosce e le loro pene si trasformarono in allegria e in vera felicità. E ancora oggi regna quell’allegria in un paese molto lontano, sopra le cui case vola sempre il grazioso Colibrì.
Nessun commento:
Posta un commento