L'Amante del Condor
di Josè Maria Arguedas
(5° Parte)
Arrivò alla porta travestito da cavaliere belle ed elegante. Una collana d’oro gli cingeva il collo, le sue zampe squamose e sporche erano coperte da calze brillanti. Entrò in casa dicendo:
“Mio signore, mia signora, vi chiedo di entrare. Se vostra figlia è tornata restituitemela, che è mia”.
“No signore, nessuno è venuto qui, nessuno è arrivato alla nostra casa” gli rispose la madre.
Allora il Condor se ne andò, arrabbiato e offeso.
Il giorno seguente ritornò alla casa della madre il piccolo Colibrì.
“Sara difficile salvare tua figlia” disse alla madre. “Tuo generò tornerà ancora domani. Ma domani tu fari bollire dell’acqua e riempirai con questa una tinozza, fino all’orlo. Quando tuo genero arriverà e passerà la soglia, tu avrai già coperto la tinozza con un panno. Ed ora regalami un peperoncino. Ritornerò”. Ricevette il peperoncino e se ne andò via.
Il Condor cercava nel cielo il Colibrì. Intanto il grazioso uccellino volava verso la grotta del Condor portando il peperoncino.
Si incontrarono lungo il cammino e il Condor gli gridò: “Adesso sì che ti mangerò”.
Inseguì il Colibrì facendogli dei giri attorno per acchiapparlo; arrivarono così in cima alle rocce, sui grandi precipizi. Il Colibrì si introdusse in un piccolo foro della rupe, un buco piccolissimo. Il Condor affondò il becco il più profondamente possibile:
“Ti farò uscire!”, diceva. Ma non lo raggiunse.
“Esci Colibrì, esci subito!”, gli urlava da fuori.
“Subito, subito, mio grande signore. Aspetta un istante, devo finire di mettermi i calzini”, gli rispose il Colibrì.
Il Condor aspettava con il becco semiaperto, pronto a inghiottire il boccone. Il Colibrì gli parlò da suo nascondiglio:”Adesso, adesso sto per uscire, apri il becco e anche l’ano, tutte e due le cose, grande signore”.
Il Condor aprì di più il becco e con la bocca spalancata aspettava. Il Colibrì uscì in fretta, si introdusse nella bocca del Condor e , scivolando per il gozzo, uscì dall’ano. E volò velocemente perdendosi nel cielo. Il Condor rimase sbalordito.
“Avrei dovuto morderlo, com’è possibile che mi sia sfuggito così in un colpo?” si lamentava. Riprese il volo inseguendo di nuovo il Colibrì. “Devo mangiarlo”, diceva. E cercando nel cielo più alto, lo raggiunse.
“Così sei arrivato fin quassù. Adesso si che non hai via di scampo, adesso ti mangio”.
“Certo, certo, chi ti dice niente! Mi dovrai mangiare” rispose il Colibrì, che continuava a volare e a scappare. Così lo portò sulle rocce più alte e di nuovo si introdusse in un piccolo buco nella roccia.
“Dove ti sei cacciato? Esci, che comunque ti mangerò!” gridava il Condor.
“Adesso, adesso, mio grande signore. Io non mi oppongo, aspettami un istante”. Intanto tagliò un po’ di peperoncino per assaporarlo.
“Ora, ora, presto!”, gridava il Condor e guardava attentamente all’interno del foro.
“Ahi mammina.. ahi babbino!” si lamentava il Colibrì e intanto macinava affannosamente e diceva al Condor:”Posso scappare, guarda bene che posso scappare. Apri bene gli occhi, mio signore, aprili molto e guardami bene, non smettere di guardarmi”.
Il Condor aprì gli occhi e con le pupille dilatata scrutava nel buco. In quell’istante il Colibrì gli gettò violentemente il peperoncino macinato negli occhi. Chiusi in questo modo gli occhi del Condor, si diresse volando alla casa della giovane amante. Intanto il Condor si rigirava nell’aria, strofinandosi gli occhi e rimanendo impotente per parecchio.
Continua...
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